Passione, coraggio e fiducia nell'enorme potenziale qualitativo che la Puglia, e in particolare le zone di Castel del Monte e del Salento possono esprimere, sono gli elementi che hanno spinto gli Antinori ad investire in questa regione. La filosofia che ha spinto Antinori a creare questa splendida realtà in Puglia è quella di produrre grandi vini da vitigni autoctoni pugliesi. La maggior parte dei vigneti di cui l’azienda si compone, infatti, è coltivata con uve che da sempre si trovano a crescere in questi splendidi territori. Tormaresca fin dall’inizio ha sempre cercato di farsi promotrice del grande potenziale qualitativo insito nelle varietà che coltiva, spesso non adeguatamente valorizzate ed apprezzate ma, se lavorate con passione e dedizione, capaci di regalare vini dalla grande personalità, tipici e strutturati, in grado di rivelarsi moderni e piacevoli. La cantina Tormaresca è costituita da due tenute situate nelle aree più vocate alla produzione vitivinicola della regione: Tenuta Bocca di Lupo, nella Doc di Castel del Monte, immersa nella selvaggia Murgia barese e Masseria Maime, nella zona del Salento, il cuore pulsante della Puglia enologica. Qui nascono interpretazioni territoriali contrassegnate da uno stile moderno e internazionale, divenute celebri al grande pubblico. Tormaresca si è rivelata negli anni una vero e proprio punto di forza di Antinori, legata indissolubilmente al territorio pugliese. Meccanicizzazione, reimpianti programmati, metodi agricoli convenzionali e alta efficienza aziendale non contrastano con la conservazione dell’ambiente: sono infatti molti gli ettari lasciati al bosco e i vigneti si integrano perfettamente al territorio. Una cantina in cui i Marchesi Antinori hanno riposto grandissima fiducia e che, di anno in anno, si sta confermando ai vertici dell’enologia pugliese.

LA PIANTA
A partire dagli anni Novanta del Novecento sono state condotte lunghe indagini ampelografiche, ampelometriche, chimiche, biochimiche e molecolari su biotipi di Aglianico e Aglianicone reperiti in Campania e in Basilicata. I risultati hanno dimostrato che Aglianico campano e Aglianico del Vulture sono in realtà un unico vitigno, con differenze di vario ordine ascrivibili a una normale variabilità intravarietale, mentre l'Aglianicone si è rivelato un vitigno estraneo ai due precedenti. Gli ultimi studi di Boselli e Monaco hanno messo in evidenza i sei biotipi seguenti appartenenti a tre gruppi fondamentali: Aglianico Amaro, Aglianico di Taurasi e Aglianico del Vulture; Aglianico di Napoli 1 e Aglianico di Napoli 2; Aglianico di Galluccio. L'Aglianico ha un grappolo cilindrico o conico piuttosto piccolo (da 150 a 250 grammi) e compatto, con eventuale presenza di una o, più raramente, due ali. L'acino è piccolo, di forma sferica, con buccia spessa, a volte persino coriacea, pruinosa e di colore blu-nero. Matura tardivamente, tra la metà di ottobre e la prima decade di novembre.
IL VINO
In condizioni ottimali le uve raggiungono un elevato tenore zuccherino (22-23%) e conservano integra una forte acidità tartarica, che risulta ancora più elevata nel biotipo Aglianico Amaro o Beneventano; possiedono, inoltre, un'importante struttura tannica. Il vino che se ne ricava è adatto al lungo invecchiamento e beneficia dell'affinamento in legno, a stemperare il carattere austero dovuto alla componente acido-tannica. L'utilizzo della barrique, oggi diffuso in Campania e in Basilicata, riesce a domarne la foga, rendendolo più morbido e vellutato in tempi brevi.